Trump, l’Occidente, le bandiere della rivolta e la finanza

13 Novembre 2016 | Senza categoria | di Telesforo Boldrini | 0 Commenti
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Davanti al disastro accertato che l’attuale oligarchia finanziaria mondialista e pasticciona, anche se magari insignita di premi per la pace e la democrazia, ha combinato, diventa spesso naturale la difesa acritica di ciò che essa ha soppiantato e l’attacco a ciò che ne ha favorito l’ascesa. Il disastro della middleclass e la sua rivolta (chiamata normalmente populismo)simbolo della ricchezza americana è occidentale è l’effetto più eclatante delle scelte fatte .

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Spesso ci si domanda come ciò sia stato possibile e altrettanto spesso con altrettanta confusione si individua la causa remota nelle svolte liberiste degli anni 80, ma le cose non stanno così: il disastro parte prima e si acuisce dopo. Quando si esaminano fenomeni complessi anche economici spesso ci si dimentica  dei fenomeni meno apparenti come quelli culturali, ad esempio i guai a cui sta andando incontro l’erede del kaiser Frau Merkel sono dipesi dalla sottovalutazione del fattore culturale nell’immettere una massa di pseudo profughi ( possibile manodopera a basso costo) nella società tedesca, in prospettiva ciò gli costerà la poltrona. Quello che penso si possa sostenere è che il fattore di solidarietà sociale e culturale e la sua mancanza è spesso un elemento chiave per spiegare certi fenomeni: ad esempio, la mancanza di tale fattore spiega in molte occasioni il comportamento irresponsabile delle classi dirigenti sudamericane, come spiega oggi l’altrettanto irresponsabile comportamento della classi affaristico finanziarie che han guidato l’Occidente negli ultimi venti anni.
Ma per non fare della speculazione del tutto  gratuita esaminiamo il fenomeno in un caso ben individuabile e con dati alla mano, quello americano, oggi di estrema attualità a causa dell’elezione di un presidente “populista” espressione della rivolta della middleclass impoverita

L’America è stata a lungo il simbolo della società del benessere, dove la middleclass (che comprendeva anche i ceti operai) ha conosciuto beni di consumo come l’auto o il frigorifero a partire dagli anni 20. La prima questione è perché ciò fu possibile e la risposta si trova nel fatto che la distribuzione del reddito era divisa tra investitori, dirigenti e lavoratori in maniera pressoché uguale creando un grande mercato di consumo. Con l’intervallo della terribile crisi finanziaria del 29 (su cui ritorneremo) quello era il meccanismo che dava l’impressione di produrre e produceva la prosperità di massa, insomma quella che noi chiamavamo la società dei consumi. Tale meccanismo arrivò fino all’inizio degli 70 poi successe qualcosa. Se esaminiamo la distribuzione del reddito americano negli ultimi 40 anni ciò è molto evidente . Negli ultimi 40 anni la produttività americana è aumentata del 62% ma la ripartizione dei vantaggi derivati è stata ben diversa che nel passato Il reddito è aumentato del 137% per gli investitori (l’1%della popolazione) il 60% per i dirigenti ed il 15 per gli altri (il 90% della popolazione USA). Aggiungerei come mia valutazione personale che il ceto medio ha avuto addirittura spesso una sottrazione di reddito perché le politiche di inclusione per le” minoranze sfavorite” sono state fatte tutte in gran parte a spese del ceto medio. (basta pensare alla politica delle borse di studio universitarie senza le quali difficilmente si accede oggi alle migliori università americane senza essere ricchi). Cosa può essere stato il fattore scatenante, visto che il fenomeno inizia negli anni 70 e Reagan e il suo liberismo non c’erano ancora ? Cosa è successo? Era semplicemente cambiata la politica dell’immigrazione (la riforma è del 65) gli Stati Uniti passarono dai 250000-260000  immigrati annui del 1965 a più di un milione e ciò investì il valore dei salari non apicali, quelli che non chiedevano manodopera specializzata. Per intenderci, lasciando perdere i braccianti agricoli, dal tassista al commesso, fino al all’impiegato generico la legge della domanda e dell’offerta agì implacabilmente su un settore dopo l’altro. Stupirsi che le élite finanziarie fossero a favore di tale politica è stupido. Non era filantropia, era allargamento dei margini di guadagno riducendo gli stipendi.

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Tale fenomeno non basta però a spiegare l’attuale crisi della Middleclass ad esso se ne aggiunsero diversi altri. La vulnerabilità della classe media era in effetti alta per il costume americano di tenere poca disponibilità liquida privata e, spesso, di impegnare in anticipo i redditi futuri in consumi immediati e questo spiega le dimensioni del disastro successivo . Negli anni Novanta la democrazia americana entra poi  in crisi ed entra in crisi perché gli ambienti finanziari si impossessano di gran parte del potere e dell’establishment di entrambi i grandi partiti. Come? Pagando le campagne elettorali di entrambi.
L’ abolizione del Glass- Steagall Act da parte di Bill Clinton è in effetti il segnale. Si possono usare i fondi pensione per la speculazione finanziaria! La norma proteggeva l’economia USA dal ripetersi da una crisi finanziaria tipo 29 impedendo che il vero grande serbatoio americano di accumulo di risparmio di massa cadesse nel rischiosissimo giro degli investimenti a breve termine. Tolta quella legge… grande banchetto per la finanza ..finito poi nella crisi dei derivati e una forte distruzione del risparmio privato e dei posti di lavoro. Intanto l’ideologia del liberismo finanziario aveva creato un nuovo mito: la globalizzazione del mercato che in realtà significa la globalizzazione del capitale, ovvero il trasferimento delle attività produttive nei paesi dove la mano d’opera costava ancora meno dell‘emigrato messicano. Esaltata, magnificata, legittimata dai trattati, propagandata dai politici alla moda(Ciampi per esempio) questa è stata la politica dopo la caduta dell’URSS del più grande paese occidentale. Politica che condannava a morte gran parte della classe media, ma che faceva sempre più ricco il suo gruppo dirigente..quasi tutto. Infatti per costruire certe cose occorrono operai americani specializzati e gli immobili mica li puoi trasferire in Cina (punto di vista ad esempio di Trump); inoltre distruggendo la classe media distruggi anche il consumo di molti prodotti ed avviti la crisi facendo chiudere chi li produce.
Ma perché parlare degli USA? Perché così capiamo meglio le questioni italiane e europee che percorrono la stessa infernale strada con metodo inverso. Se in Italia il percorso inizia con il passaggio di Bankitalia in mani private all’inizio degli 80 ed è in parte spiegato con una politica industriale statale diventata, clientelare, pasticciona e sprecona dopo i primi anni 60 in Europa la questione è un po’ diversa perché è proprio la costruzione europea l’artefice principale del disastro. Se infatti osserviamo oggi la costruzione europea ci accorgiamo infatti che essa non è un organismo democratico, ma piuttosto un’organizzazione burocratica controllata dalle 15 commissioni di Bruxelles nelle quali non siede nemmeno un eletto. Per la verità il percorso con cui l’Europa si mosse in passato verso la sua costruzione comunitaria è stato alquanto contraddittorio con passaggi alternati verso un organismo democratico o verso un’organizzazione burocratica. Ma ci fu sempre una differenza: i passi verso un organismo democratico rimasero poi lettera morta, mentre quelli verso un’organizzazione burocratica ebbero seguiti sostanziali. Se a questo aggiungiamo che accanto ai burocrati di Bruxelles un’ufficialissima attività di lobbing e che da sola la lobbie finanziaria spende più di tutte le altre non facciamo fatica a capire come mai essa, alleata con l’establishment tedesco ed un nutrito numero di politici con la vocazione al burattino ed al servitore turno, si sia impadronita del destino dei popoli europei esattamente come quella americana aveva fatto impadronendosi dell’establishment dei due maggiori partiti. Nel caso Europeo l’immigrazione di massa per abbassare i salari e vincere le resistenze identitarie (figlie di una storia secolare) è in gran parta seguita alla liberazione dei capitali e all’apertura dei mercati  e non l’ha preceduta. Tuttavia l’effetto è stato simile: la grave crisi del ceti medi e produttivi da una parte e dall’altra l’alleanza dei partiti in origine rappresentativi dei ceti lavorativi col grande capitale finanziario e le “minoranze disagiate “ unite nell’obiettivo di distruggere appunto il ceto medio.
Cosa c’entra in tutto questo il fattore culturale? Al di là delle Costituzioni più o meno liberiste (la nostra non lo è per niente) preesiste o preesisteva nei corpi sociali un legame che dipendeva dalle appartenenze identitarie, culturali, religiose e civili ed a volte affettive e patriottiche che in qualche maniera legava le classi sociali di un paese. Tale legame spesso si esprimeva negli organi istituzionali ed in Occidente nelle democrazie con la loro capacità di mediazione sociale. Questo spiega perché la profezia marxiana di una società fatta di poveri sempre più poveri e di ricchi sempre più ricchi non abbia funzionato e la società occidentale sia poi caratterizzata dalla presenza di numerosi ceti medi. Ora le regole sono state rotte. Le classi finanziarie unite nel mercato globale non han più sentito alcun vincolo di appartenenza e libere da ogni vincolo e da ogni legge hanno agito unicamente nel loro interesse di breve termine. In tal modo sono diventate un corpo estraneo ed ostile a buona parte della popolazione degli stessi paesi di provenienza e in effetti mai come in questo caso il termine populista dato ai loro nemici designa un verità profonda. Essendo il mondo delle élite diventato dannoso e nemico dei propri popoli, chi lo combatte non può che farlo che in nome del popolo, ma non in senso classista di marxiana memoria, ma chiamando a raccolta tutti coloro che da questa situazione si sentono e sono danneggiati e per farlo e dare un’anima a tale rivolta non possono che farlo nel nome di un’identità nata dalla storia nella nazione e nel territorio contro un nemico il cui cuore e i cui interessi sono fuori dalla storia e dal territorio.

Soros  1993: “Fondamentalmente sono qui per fare soldi, non posso, e non voglio occuparmi delle conseguenze sociali di quello che faccio”




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